L’importante azione dei Carabinieri dei Nas di Bari ha fatto luce sul preoccupante fenomeno della produzione di mozzarelle senza latte, realizzate attraverso semilavorati industriali chiamati cagliate che vengono importati dall’estero per produrre oltre un quarto delle mozzarelle in vendita in Italia. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente il sequestro di ben sessanta tonnellate di cagliata priva delle indicazioni di tracciabilità, obbligatorie per legge, in cattive condizioni igieniche e impropriamente congelata, da parte dei carabinieri del Nas di Bari. Con il prodotto sequestrato - sottolinea la Coldiretti - sarebbe stato possibile produrre oltre mezzo milione delle classiche confezioni da mozzarella da 125 grammi. L’utilizzazione di cagliate per produrre mozzarelle di latte vaccino è purtroppo legale sia in Europa che in Italia dove la Coldiretti stima che almeno una mozzarella su quattro tra quelle in commercio non è stata realizzata a partire direttamente dal latte, ma appunto da cagliate straniere, anche se non è obbligatorio indicarlo in etichetta. Secondo una analisi della Coldiretti in Italia nel 2010 sono arrivati ben 86 milioni di chili di cagliate provenienti soprattutto da Lituania, Ungheria, Polonia e Germania per diventare mozzarelle Made in Italy, dietro il nome di marchi con nomi italiani. Oltre ad ingannare i consumatori, si tratta di una concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco, perché rispetto alla mozzarella genuina fatta dal latte quella “tarocca” - spiega la Coldiretti - costa attorno alla metà e può essere venduta sullo scaffale a prezzi molto bassi.
Alla Coldiretti di Avellino plaudono all’azione dei NAS di Bari che contribuisce a fare chiarezza su ciò che arriva in Italia e su quello che i cittadini consumano inconsapevolmente.
“Il fenomeno ha sicuramente dimensioni nazionali – dice Francesco Vigorita, presidente di Coldiretti Avellino. – Occorre fare chiarezza, e la richiesta giunge forte dagli allevatori e dai consumatori. Per questo, nei giorni scorsi, abbiamo aperta, anche nella nostra Provincia, la “vertenza latte”, per denunciare con forza il furto di identità e di valore aggiunto che continuamente subiscono i nostri prodotti, e soprattutto il latte e i suoi derivati, che va ad incidere drammaticamente sui redditi dei produttori, senza garantire adeguatamente i consumatori”.
Anche nel settore lattiero-caseario occorre creare una Filiera Agricola tutta Italiana che garantisca la provenienza del prodotto e mettere fuori gioco i mistificatori che fanno una danno enorme alle nostre aziende e all’economia del Paese. “Alle aziende irpine il latte viene sottopagato proprio per questa sleale concorrenza che viene dal prodotto estero – continua Vigorita. - Per salvare la zootecnia da latte irpina e le aziende che lavorano nel settore è necessario intensificare i controlli anche con le nuove tecnologie a disposizione, ma servono pure misure di intervento strutturali per la trasparenza”. E’ quello che prevede il Decreto sull’etichettatura obbligatoria, in corso di verifica in sede Ue, che prevede l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza ed il divieto di utilizzare polveri e caseinati in sostituzione del latte per la produzione dei formaggi e rendere finalmente pubblici i dati relativi alle ditte di destinazione delle importazioni di latte dall'estero attraverso internet. ”Il problema in provincia di Avellino va affrontato in modo sinergico coinvolgendo tutti i soggetti della filiera che a vario titolo sono interessati (ASL, consumatori, Istituzioni, ecc.), - interviene il direttore dell’Organizzazione irpina, Marcello De Simone -cominciando a pensare anche ad un marchio territoriale irpino, che garantisca la provenienza del latte dagli allevamenti locali, prima che sia troppo tardi e le aziende siano costrette a chiudere con gravi ripercussioni sull’economia provinciale”.
12 Maggio 2011
Latte e derivati: urge trasparenza